lunedì 17 novembre 2014

Barthelby parte II

A ogni modo, dopo molte peripezie, Barthelby riuscì ad addormentarsi profondamente. La sveglia suonò mezz’ora dopo. La sensazione fu di vertigine, di ritorno dall’aldilà.
“Maaacheccazz…” - Disse. Il vomito venne subito dopo.
La nausea postuma da alcol scemò in qualche ora, quella più sartriana per l'umanità, invece, aumentò. Il cocktail umorale che nacque dall’avvicendarsi di queste due nausee fu straordinario: Barthelby decise tacitamente che non sarebbe andato a lavoro (o a studiare) quel giorno, forse non avrebbe lavorato mai più. Non avrebbe fatto più nulla in tutta la sua vita, e sperava che la sua vita fosse miserevolmente breve perché ben conosceva le insidie che la noia tende ai buoni propositi, eppure era deciso: avrebbe preferito morire di noia piuttosto che fare qualcosa. Con questo proposito avrebbe potuto vivere mille anni senza fare nulla. Per contro, si accorse che non poteva rinunciare all'azione e mettersi a non fare nulla a casa, perché capiva che non fare nulla è fare qualcosa, che era esattamente ciò che non voleva fare.

Di fronte a questo dilemma fondamentale la filosofia e le scienze, così abili a dimostrare di volta in volta l’esistenza o l’inesistenza di Dio o a svelare grandi misteri come: ‘ma come fanno i cioccolatini al caffè ad avere dentro il caffè?’ si erano dovute arrestare davanti a questa annosa questione. Il moto degli atomi in un organismo immoto, è questione di non poco valore; da Leucippo a Democrito, da Yoda a Renzi, fare o non fare, fare non facendo, l’umanità non ha mai conciliato l’incompatibilità tra azione e inazione. Tuttavia, in quel giorno diverso in cui lui si sentiva diverso,Barthelby pensò di poter dare una soluzione a questo stallo, poteva sacrificare la sua vita sull’altare dell’inanizione, rendersi piccolo, vacuo e vuoto al punto da scomparire come un’ombra tra le pagine di un libro ai doveri cui la vita lo richiamava: per non fare qualcosa non potendo non far nulla decise di uscire senza sapere dove andare, si disse che andare dove non doveva andare era il primo passo per liberarsi dalla schiavitù delle convenzioni: ‘perché mai non dovrei voler andare dove non ho motivo di andare?’ aveva concluso tra sé mentre si allacciava le scarpe trascurando la possibilità di non allacciarle, prese il giubbotto più vicino alla porta e con gesto calcolatamente insignificante uscì di casa per sempre.

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