sabato 3 marzo 2012

Gino del Bronx

Dopo il mio lungo e litigioso peregrinare, dopo viaggi e sorprese (mal) riuscite, eccomi di nuovo a scrivere sull'amato blog. Voglio essere breve, anche più breve della pagina di quaderno riportata dal breve soggiorno catanese e che a voi riporto tramite questo mio amato inter-spazio. Tra un momento di studio (poco) e uno di scazzo (copioso) è nato un altro mio piccolo eroe, spontanea sorge la domanda: avrà vita lunga? Morirà su questa pagina? Nescio -direbbero gli antichi- non poniamo limiti al vivere quanto al morire. Ma mi sono dilungato fin troppo... signore e signori, ecco a voi Gino del Bronx

P.s. Come forse avrete già capito il Bronx cui si fa riferimento non è il celeberrimo sobborgo di New York. Se lo è, dev'essere un posto molto strano.

Gino del Bronx e le (vie) traverse

Gino guidava la sua vecchia 126 manco fosse Tazio Nuvolari con la maschera tagliente. Rombando tra le vie del Bronx, pensava alla sua stretta parentela col fallimento: un legame viscerale, più solido della carrozzeria di quel suo ferro da passeggio direttamente dal '77; fallimento delle sue aspirazioni, fallimento dei suoi compiti in classe al liceo, fallimento della vita sociale sua e del suo paese. Il vecchio suolo natio che s'era fatto fottutamente vecchio tutto d'un tratto nell'estate del '98, non che l'età gli permettesse di ricordare poi molto della vita sociale del suo paese in quella lontana estate del '98 che era, per lui, l'origine ogni male, legata com'era al ricordo di quel maledetto mondiale in Francia. -Fottuto Di Biagio - pensò - fottuta traversa.- Non c'è più spazio per la redenzione quando il tuo primo ricordo calcistico è quello di una sconfitta, ti abbatte il morale per sempre, torni sempre a quel ricordo non appena puoi: quando vieni rimandato a un esame come quando fai l'amore con la tua ragazza, c'è sempre quel rigore, e nessun POO-PO-PÒ-PO-PO-POO-POO ti può guarire da una simile ferita. E ripensi che stai lì, sulla tua 126, che non ti può salvare neanche Jim Morrison con tutti i riders on the storm del mondo, sei solo, tra quelle vie traverse, tra le rocce laviche del Bronx, mentre vomiti bestemmie dopo una sbronza umorale di malessere. E intanto pensi a quel rigore e alla traversa da imboccare e intanto batti quel rigore e hai sbagliato strada e tutta la ragionevolezza del tuo essere, che ti ha preservato vivo e annoiato fin qui, se ne va a quel paese e ti accorgi che la via che hai imboccato è quella sbagliata e la palla finisce sugli spalti.

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