domenica 15 giugno 2014

L'importante non è partecipare

Sarebbe scontato iniziare una riflessione di questo tipo con la classica etichetta: "italiani, popolo di santi e di navigatori" ma, visto che oggi tutti usano il GPS e di santo c'è rimasto ben poco, l'unico luogo comune sugli italiani che può affiancare il classico "spaghetti-mandolino" è che siamo un popolo di allenatori.
Metto giù il mandolino e mi spiego.
Tutta questa premessa per arrivare a dire l'ovvio: il popolo. italiano è veramente unito solo se c'è di mezzo lo sport. Se il Risorgimento e la Guerra di Indipendenza fossero stati un trofeo calcistico l'avremmo vinto ben prima di Garibaldi.

Sarebbe la solita insulsa polemica dire che agli italiani importa solo del pallone; lo sport esercita il suo potere catartico su tutti gli uomini, non solo italiani, produce valori, fortunatamente non solo economici, che permangono nella vita di tutti i giorni. Dove sarebbe la Germania senza il sentimento di rivincita puntualmente accresciuto e frustrato dai nostri Azzurri!

Era il 2006 e, sebbene a nessuno fregasse dello spread (neanche adesso in fondo, però dicono che sia in calo...), ci sentivamo comunque con un piede nella fossa, condizione per noi fisiologica dai tempi di Romolo Augusto per non andare lontano; il calcio italiano era immerso fino alle orecchie nella melma di Calciopoli e, come dimostrerà la storia, continuerà a essere un mondo malato. Eppure, il calcio è anche una scatola magica che contiene i sogni collettivi, così la vittoria mondiale fu un meraviglioso canto del cigno che ci ha fatto dimenticare tutti i nostri guai fino ai successivi campionati Europei.

Andiamo ancora più indietro, all'estate fatale del 1948. L'Italia è in ginocchio dopo la guerra, ma è la stagione del ciclismo epico, fatto di strade che sono mulattiere tra le macerie, e si butta sangue sui pedali. Fuori da Montecitorio, Togliatti sanguina anche lui, gli hanno sparato. Si profila la guerra civile, ma dalla Francia arriva la notizia: Gino Bartali ha vinto il Tour. Gli italiani scendono i strada in bici con le bandiere al vento piuttosto che con le armi spianate. È una leggenda, si sa, ma nelle leggende c'è sempre un fondo di verità, un riflesso della realtà, e mentre fuori dagli stadi in Brasile continuano gli scontri, da noi Grillo tenta approcci con il tanto odiato Renzi e la strada sembra farsi in salita, diamo una lezione ai maestri inglesi, Marchisio-Balo, sembra discesa e non serve pedalare.



Nessun commento: